Roger Federer e Novak Djokovic stanno ancora giocando la loro epica battaglia di cinque set e cinque ore durante la finale maschile di Wimbledon. Sebbene si sia molto discusso sull’introduzione del tie-break in caso di 12 pari nel set decisivo, sono già trascorsi 253 incontri (di singolare maschile e femminile) dall’inizio del torneo e nessuno ha ancora richiesto l’utilizzo della nuova regola. Quante sono le probabilità che trovi dunque applicazione durante l’atto conclusivo, la partita 254?
In realtà era scritto nelle stelle che questa novità caratterizzasse proprio la partita più importante, un evento tra i più imprevedibili a cui molti di noi abbiano mai potuto assistere.
Eppure c’era chi aveva previsto tutto.
Novak Djokovic ha già giocato nella sua mente, prima di entrare in campo, i possibili scenari di questa finale.
Il serbo è da sempre un appassionato sostenitore dell’uso delle “immagini” prima della competizione. Ha iniziato la pratica fin da bambino: la sua prima allenatrice, Jelena Gencic, lo incoraggiava a visualizzare le proprie mosse sul campo ascoltando musica classica.
L’overture 1812 di Cajkovskij era una delle sue arie preferite e la Gencic gli disse che nei momenti critici avrebbe dovuto ricordare quella musica per sentirsi immediatamente più forte. All’epoca Djokovic aveva solo 12 anni – la sua Serbia era sotto l’attacco delle bombe – ma un giorno l’allenatrice gli fece sollevare un piccolo trofeo facendogli esclamare:
“Sono Novak Djokovic, ho vinto Wimbledon.“

Dopo aver battuto Federer a Wimbledon, Djokovic ha rivelato quanto confidi molto nella tecnica della visualizzazione. Una tecnica che gli ha permesso di “trasformare” il rumore di sottofondo dei 15.000 spettatori del Center Court che inneggiavano al suo rivale. Nella sua testa, ha spiegato, l’incitamento “Roger Roger” è diventato “Novak Novak”. “Sembra sciocco, ma è così”, ha dichiarato il serbo mentre il brusio riempiva la sala stampa. Novak è rimasto imperturbabile prima di concludere dicendo
“Provo a giocare la partita nella mia mente prima di andare in campo. Cerco sempre di immaginarmi vincitore. Penso che ci sia un potere in tutto questo.”
Djokovic non è il solo tra gli sportivi a praticare la tecnica della visualizzazione pre-gara.
Wayne Rooney, calciatore, cercava di immaginare quale fosse nei dettagli il kit da indossare il giorno della partita. Anche lui aveva lavorato sulle immagini, senza rendersene conto, sin da quando era un bambino.
“Per avere un “ricordo” ancor prima della partita”.
La tecnica della visualizzazione ha giocato un ruolo fondamentale anche per il ciclista Mark Cavendish. Il potente velocista studiava gli ultimi 10 chilometri di ogni tappa con ossessiva dovizia di particolari sostenendo di conoscere ogni singola buca di quel tratto finale di strada.
Affinava la tecnica giocando a Scrabble e a Sudoku ed era solito credere che il suo battito cardiaco nei momenti concitati della gara fosse più basso di quello dei suoi rivali proprio grazie al fatto che aveva già immaginato tutto quello che poteva accadere.
La logica di Cavendish potrebbe sembrare folle: in che modo il Sudoku può aiutarti in uno sprint al Tour de France? Ma questa teoria è supportata dalla ricerca.
Prima delle Olimpiadi invernali del 1980 a Lake Placid, ricercatori sovietici finanziati dal governo hanno testato gli atleti su quattro differenti programmi, che variavano dal 100% di allenamento fisico alla combinazione di 25% di allenamento fisico e 75% di allenamento mentale. I risultati suggerirono che maggiore era l’allenamento mentale, migliore sarebbe stata la prestazione. Uno studio del 1992 condotto su alcuni tuffatori dal trampolino ha poi dimostrato che risolvere problemi mentali astratti come i puzzle poteva essere molto utile a raggiungere il successo nelle proprie prestazioni.
L’utilizzo di queste tecniche non ha riguardato solamente atleti professionisti.
Uno studio del 2001, condotto dalla Cleveland Clinic Foundation in Ohio, ha scoperto che solamente pensando di compiere degli esercizi per i bicipiti, cinque volte alla settimana, per due settimane, i soggetti coinvolti hanno aumentato la propria forza del 13,5%.
Alcuni soggetti poi sono più bravi a visualizzare rispetto ad altri: spesso si ha un vantaggio se da bambino si avevano degli amici immaginari.
Inoltre, più dettagli si riesce a fornire – il rumore della folla, gli odori all’interno dello stadio, la sensazione di morbidezza del manto erboso – più decisive saranno le prove mentali.
Anche il gusto può essere un fattore: forse è per questo che Djokovic ha mangiato alcuni fili d’erba sul campo centrale dopo aver vinto.

Il giorno prima della finale di Wimbledon, Novak ha pubblicato una foto su Twitter

è l’alba, è scalzo, indossa solamente un paio di pantaloni da jogging e cammina attraverso un campo di erba alta accarezzandone gli steli.
Scrive:
#gladiator moment
Avremmo dovuto immaginarlo che dopo cinque set e cinque ore avrebbe trionfato lui.
Questo articolo è una libera traduzione da
“A little mental rehearsal is a huge help on sport’s biggest stages” by Tim Lewis (Sportblog – The Guardian)