L’uomo che sapeva volare

Dedalo, Icaro, Leonardo, da sempre l’uomo ha cullato il grande sogno di volare con la naturalezza degli uccelli, di sperimentarlo sulla propria pelle per cambiare le prospettive al mondo, come recita uno dei più grandi capolavori di Battiato.

Venti anni fa esatti ci lasciava l’uomo che per primo aveva imparato a volare davvero, Patrick De Gayardon de Fenoyl.

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Una vita spesa a spostare sempre più in là il limite umano attraverso un maniacale senso di ricerca, tanto da meritarsi il famoso claimNo Limits” da parte della nota marca di orologi Sector

L’estremo è ricerca. Del limite da superare, della meta più lontana che un uomo può proporsi di raggiungere. E, una volta che l’ha raggiunta, l’estremo diventa un ulteriore limite, una meta ancor più lontana.

Un’infanzia difficile alle spalle, la madre muore in un incidente stradale quando ha solo due anni, praticamente non conosce mai il padre e viene cresciuto dai nonni a Oulins, nei dintorni di Parigi. Una passione fuori dal comune per il volo, sia esso con paracadute, prima, o base jumping (il lancio da basi fisse) dopo.

Il rischio per sentirsi vivo, una conseguenza, forse.

Se il lancio nel 1992 dal Santo Angel (Venezuela), la cascata più alta del mondo (979 metri) è di per sé spettacolare, suggestivo è il tuffo dall’elicottero in bocca al Sòtano de Las Golondrinas, gigantesco canyon naturale in Messico.

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Gayardon entra in una sorta di pozzo profondo 376 metri e largo dai 63 ai 49 metri, aprendo il paracadute solo una volta all’interno della cavità naturale, un attimo prima del limite, ormai un marchio di fabbrica.

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Neanche il tempo di diventare uno dei pionieri dello skysurf, lanciandosi in volo sopra il Polo Nord con una tavola da surf attaccata ai piedi, che l’ostinata ricerca del limite estremo lo porta ben presto alla realizzazione di quello che sarà il simbolo con cui verrà per sempre ricordato, la tuta alare, la sua seconda pelle.

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Per realizzarla studia il volo del Petaurus breviceps, il Petauro dello zucchero, una sorta di scoiattolo con le ali che vive in Madagascar e capisce che l’ambizione e la ricerca lo porteranno presto a volare si, ma in avanti e a lungo. Ci riuscirà. Percorrerà con questa tecnica, chiamata wingflight, la ragguardevole misura di 9 km, la distanza maggiore mai percorsa dall’uomo in caduta libera.

Si tratta di volo planare, non di volo verticale, senti una strana pressione sulla schiena. In quel momento vuol dire che l’aria diventa portante. Ti senti aspirato da una ventosa gigante.

Il suo ultimo volo lo compie inconsapevolmente il 13 aprile 1998, alle Hawaii, uno dei posti più incantevoli del mondo. Il paracadute principale rimane impigliato nell’imbragatura, quello secondario si attorciglia nel principale. E’ la fine di un sogno, è l’inizio di un mito, Patrick De Gayardon, di fatto, il primo uomo capace di volare.

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Il giorno dopo la sua morte La Gazzetta dello sport lo ricordò cosi

Ci sono uomini che con le loro invenzioni hanno cambiato il nostro modo di vivere.

Altri, quello di sognare.