«Tempi come questi, se mai ci sono stati tempi come questi, possono richiedere il conforto di un bar e la saggezza di quelli che ci lavorano». Alcuni articoli si ricordano per le informazioni che contengono, altri per le analisi che propongono. E poi ci sono i pochissimi che restano impressi per il tono: come quello che John Branch è riuscito a dare al suo racconto per il New York Times del senso di vuoto prodotto dallo stop a tutte le competizioni sportive.
Un tono malinconico e rassegnato come certe musiche tristi, che sembra di sentire in sottofondo quando Branch entra al Final Final Sports Bar di San Francisco.
Dentro ci sono sei persone: tre stanno giocando a biliardo, due sono sedute al bancone e stanno parlando con il proprietario Michael Prien, che dice:
«Lo sport non è quell’armatura invincibile che pensavamo proteggesse la cultura americana». Era stato suo padre Arnold ad aprire nel 1978 il bar, non lontano dalla baia avvolta nella nebbia e dalla quale si sente il basso discontinuo delle sirene delle navi. Per forza: i 12 megaschermi sono accesi ma tutti silenziati e i 24 distributori di birra alla spina fermi, come la gigantesca macchina da popcorn in un angolo. Pare sia uno dei più buoni della città, ma se ne riparlerà a fine crisi anche se la macchina resterà lì dov’è: «Serve a ricordarci che stiamo vivendo un momento particolare: non ci sarà popcorn finché non ci sarà sport».
Di chiudere nel frattempo non se ne parla. E non solo perché il Final Final Sport Bar c’era anche dopo il terremoto dell’ottobre 1989 o l’11 settembre. Ma la vera ragione, spiega Prien, è che ci sono solo due attività che non si fermano in tempi di recessione: «I bar e i forni crematori». Per cui, business as usual «e al limite togliamo la parola Sports dall’insegna». Perché in fondo le domande restano le stesse: «Lo sport tornerà? Se sì, in che modo? E quando? A che velocità dovrà diffondersi il contagio o crescere il numero dei morti prima che qualcuno dica che si può ripartire? E chi sarà a dirlo? E se riparte tutto ma poi si ammalano di nuovo un atleta o un allenatore? Chiudono tutto di nuovo?».
Prien se lo chiede mentre pulisce tutte le superfici toccate da due dei giocatori di biliardo che se ne sono appena andati. Il suono di un’altra sirena arriva dalla baia. «Tutto questo ci sta facendo vedere cosa significa vivere in un mondo senza sport». E adesso andate a leggerlo tutto, questo articolo.