L’articolo che leggerete non è mio, mi ci sono imbattuto quasi per caso nelle mie letture in rete, non avrei saputo rendere omaggio alla memoria di Ayrton meglio di così, io che quando era in vita non avevo compreso appieno la sua grandezza come uomo prima ancora che come pilota.
“Che strano il paddock, me lo ricordavo diverso.
C’è un gran rumore, ma non proviene dai motori. Dicono si chiamino hospitality, strutture enormi, colorate e chiassose con un sacco di gente danarosa dentro che di formula 1 non ne capisce granché.
Me li ricordo diversi anche i box; erano sporchi, a terra trovavi sempre olio e dovevi stare attento a non inciampare in qualche chiave inglese lasciata lì da uno dei meccanici.
Ora sono pulitissimi, perfetti, sembrano sale operatorie; sono anche salito in macchina, mi sono tolto uno sfizio, su quella rossa, proprio quella che ai miei tempi non potei guidare mai.
Si sta davvero comodi ora, lo sterzo è leggerissimo, ergonomico, ai miei tempi finivamo i gran premi con le mani distrutte, nel migliore dei casi tornavamo a casa con i calli scoppiati e nel peggiore beh, non potevi prendere in mano una lattina di birra per una settimana.
Mi manca il rumore, quello che come un pugile sguaiato ti assaliva alla schiena, devastandoti i timpani; non lo cambierei con nient’altro. Ora si sente il pubblico anche dall’abitacolo tanto è forte il silenzio. Le vibrazioni non ci sono quasi più e il collo lo si può persino riposare appoggiando la testa ai lati della scocca.
Si allenano tanto i piloti e sinceramente non ne avrebbero così bisogno; anche io mi allenavo tanto, ma nonostante ciò a fine gara ero stremato, sofferente, invecchiato.
Ora li vedo rilassati, riposati, belli; forse perchè sanno che in caso di errore hanno tantissimo asfalto da sfruttare per fermarsi o tornare in pista.
Io purtroppo tutto quello spazio non ce l’ho avuto.
E ogni tanto ci ripenso.
A quella folla di Imola, a Roland, a Schumi dietro di me e a quello sterzo che di colpo, a 300 all’ora si stacca.
Ci fosse stata una via di fuga come quelle di oggi mi sarei fermato, sarei sceso incazzato come non mai, avrei scaraventato a terra lo sterzo rotto e sarei tornato ai box in moto.
Chissà, forse avrei preso per il collo Adrian Newey urlandogli assassino; poi sarei andato da Jean Todt e gli avrei detto che avrei firmato in bianco per la Ferrari. Immediatamente.
Via, lasciamo stare, meglio scendere da questa macchina, non fa per me. A me piaceva l’odore di benzina, il rumore assordante, il pedale della frizione, il volante granitico.
A me piaceva sfiorare i muri sfidando Prost a chi aveva gli attributi più grossi.
Come diceva Gilles, ne avevo bisogno come dell’aria che respiravo.
Non c’entro nulla io con tutto ciò, e forse non c’entra nulla nemmeno la gente là fuori, sulle tribune.
Loro vogliono me, ancora. Non questo circo addomesticato.
Me ne torno lassù, a divertirmi con Gilles, Jim e gli altri.
Sapeste quanto ci fa sentire vivi l’odore di benzina.”
(fonte http://www.storiedisport.com/come-se-fossimo-ayrton/)
Ciao Ayrton e salutami Fabio